
L’IMPERATORE È TORNATO
Come per incanto, l’imperatore è tornato. È tempo di vacanze: sagre di paese, attrazioni turistiche, rievocazioni storiche in costume fanno rivivere mondi che oggi sembrano fiabeschi.
Così, appare un bonario “Cecco Beppe” – alias l’imperatore Francesco Giuseppe – interpretato dal figurante Sergio. Scopro che Sergio è stato studente di miei parenti. Allievo, in particolare, di una nipote del generale Tullio Marchetti. E tale generale fu tra i firmatari dell’Armistizio di Villa Giusti. Un uomo nato in Italia, figlio di residenti imperiali originari di un villaggio di confine, che dopo la Prima Guerra Mondiale passò al Regno d’Italia. All’epoca la Prima Guerra Mondiale era chiamata Guerra Europea prima e Grande Guerra poi.
La storia è nota. Ma oggi, a pochi passi dalla tomba di quel generale che combatté proprio contro l’imperatore, assisto a una sorta di parodia. L’intera corte asburgica sfila in un valzer di figuranti. Sono adulti tornati bambini, tra divise ornate di finte medaglie e dame con ventagli e ombrellini. A guardare bene le dame si muovono impettite in abiti enormi sotto cui sbucano zeppe moderne per “slanciare” le figure reali.
E mi viene da sorridere. Il generale, lì nel cimitero vicino, starà forse rigirandosi nella sua vera tomba. Che direbbe, se si risvegliasse all’improvviso e vedesse tutta questa nostalgia imperiale?
Eppure, va riconosciuto che pur con tutti i suoi difetti, l’Impero austro-ungarico formò persone con un sistema scolastico all’avanguardia e diede al mondo autori, musicisti e artisti di straordinario talento. Colpevole di non avere dato abbastanza autonomia alle varie etnie che formavano l’Impero, militarmente forse si credeva invincibile, ma finì per ballare un valzer di cui perse il controllo.
Il risultato? Famiglie lacerate da appartenenze etniche miste, fratelli di sangue ma nemici per nascita e nazionalità, costretti a combattere nell’abisso delle trincee per un confine “immobile” il cui senso sfuggiva ai più.
Non oggi, però.
Oggi, tra la sontuosità di una corte asburgica “fake” e il desiderio di un mondo da favola, la nostalgia vince, e la storia diventa spettacolo.
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