(Soprav)vivereCONTAGIO DA COVID
contagio da Covid, articolo del Corriere della Sera online

Tre anni dal primo caso di contagio da Covid. Nulla è più come prima dopo anni di sopravvivenza ad ogni livello, da quello fisico a quello morale, esperienziale, sociale, economico, personale, filosofico e reale. 

Tranquilli, questo post non vuole ripercorrere le miserie umane che il Covid ha scatenato. Qui desidero condividerne un aspetto particolare, quello da docente coinvolta nel calderone che tutti conosciamo.

Partiamo dal dato oggettivo che un virus, comunque si chiami, esiste per girare e infettare, è il suo mestiere. Non vado oltre, qui mi fermo. Ma ricordo che io faccio parte di quella generazione di bimbi, che venivano mandati all’asilo per prendere tutte le malattie infettive in modo da immunizzarsi per la vita da adulto. E contro le malattie più gravi, beh ci si vaccinava con fiducia nella scienza e senza isterismi di massa. Né io né i miei genitori ci siamo sentiti per questo privati di libertà, anzi, grati che la sanità pubblica desse questa possibilità gratuitamente.

Ma torniamo al punto riassunto nella foto del post. È lo screenshot di un articolo apparso sul Corriere della Sera online. In modo chiaro ed eloquente spiega come in un’aula scolastica è inevitabile che qualcuno si infetti. Mi spiace che “l’untore” preso ad esempio sia il docente. Già, perché durante quel periodo erano più i giovincelli a trovarsi di nascosto e fare bisboccia che noi adulti impegnati a cercare di sopravvivere tra decreti, burocrazie varie, lezioni ad hoc e così via. D’altra parte, devo ammettere, che cambiando classe (e quindi studenti) era inevitabile fossimo potenziali “mezzi di trasporto” del virus. Insomma, in un modo o nell’altro un docente era altamente esposto al contagio.

Pensiamo ai numeri. Per ogni studente corrispondono due genitori, aggiungiamo potenziali fratelli e sorelle per non parlare di amici. Alias in una classe si facevano inalazioni di virus non di una ventina di persone ma di molti di più. Inoltre, ogni giorno si insegna in più classi. Quindi se, ad esempio, un impiegato per lavoro si interfaccia con alcune persone, per un docente il numero raggiunge anche il centinaio e più. Parlando di ciò con una sindacalista, la risposta fu deprimente. Ci si doveva ritenere una categoria fortunata e quindi stare zitti e buoni, perché avevamo lo stipendio fisso e sicuro. Verissimo, ma allora è per questo che siamo stati ridotti a babysitter della società?

Sì, perché così la maggior parte dei docenti si è sentita. Io aggiungo anche “carne da macello” dopo avere seguito un webinar riguardante la didattica in tempo di Covid. Perché? Se la lezione era in presenza, l’indicazione era di non parlare ma fare esercizi al computer e usare slides al posto delle spiegazioni. Ma vi pare? Ma se queste erano le direttive, allora erano a conoscenza di ciò che il Corriere aveva avuto il coraggio di pubblicare! E non aggiungo altro.

In fin dei conti, gli studi riguardanti la trasmissione e il contagio da Covid, non era nulla di nuovo. Come i nostri avi ci hanno insegnato, se vuoi immunizzarli manda i figli a scuola a fare inalazioni di virus in aula.

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Sed ut perspiciatis unde omnis das ist wirklich iste natus.